Tempo di bilanci, tempo di pensare al futuro.

Eccoci arrivati all’ultimo blog dell’anno, quello di dicembre, mese tanto agognato e tanto temuto!

Dicembre contiene tutto, è la fine e al contempo il preludio di un nuovo inizio; è fatto di feste e ponti, ma anche di rendiconti, bilanci, chiusure, ci sono i regali da fare, i ravioli da preparare, ma c’è anche da pianificare il futuro, da immaginare l’anno che verrà – ah, l’abbiamo già fatto l’albero?

Abbiamo tutti la tendenza, nei momenti di passaggio, a voler tirare una linea, e vedere cosa è stato. Qualcuno di noi lo dovrà fare per lavoro, e tirerà linee che verranno consolidate, interpretate, analizzate, valutate.

Qualcuno di noi lo farà solo nella sua testa, cercando di classificare cosa è andato bene e cosa è andato storto. C’è chi avrà occhio più benevolo con sé stesso, e saprà perdonarsi qualche errore, chi, con occhio più severo, criticherà duramente le cadute e le battute d’arresto. Chi userà questo tempo per darsi una pacca sulla spalla, e chi per sgridarsi e imporsi cambiamenti futuri (già, i buoni propositi).

Che parole possiamo aggiungere quindi a questa frenesia, da quali riflessioni possiamo farci accompagnare?

Lo spunto che ci viene da portare è quello di applicare ai nostri bilanci uno sguardo neutrale, che osserva ma non giudica. Che descrive ma non sentenzia. Vero, è lo stesso spunto che condividiamo sempre quando parliamo dei processi di valutazione dei collaboratori!
Ma è proprio con lo sguardo neutro, che sa accogliere quello che c’è, che possiamo cambiare le cose che possiamo, e accettare quelle che invece dobbiamo prendere così come sono.

Ed è utilizzando le emozioni come guida, e non come condanna, che possiamo metterci in cammino verso l’anno futuro, affinchè ci portino dove vogliamo essere, ma soprattutto affinchè ci facciano fare, nel mentre, un viaggio divertentissimo!

Storia del contadino saggio

Tanti anni fa, nelle campagne cinesi, un uomo e suo figlio vivevano in un piccolo villaggio. Non possedevano molto: una baracca, un campo da coltivare e un cavallo per arare il campo.

Un giorno il cavallo scappò. Gli abitanti del villaggio andarono a trovare l’uomo e gli dissero: “Il cavallo era necessario per poter lavorare. Che sfortuna hai avuto!”.
E l’uomo rispose: “Forse sì, forse no. Vedremo”.

La settimana successiva, il cavallo fece ritorno insieme ad altri due cavalli selvatici. L’uomo e il figlio si ritrovarono quindi con tre cavalli. Gli abitanti del villaggio sorrisero all’uomo e gli dissero: “Avevi un solo cavallo e ora ne hai tre. Che fortuna hai avuto!”.E l’uomo rispose: “Forse sì, forse no. Vedremo”.

Pochi giorni dopo il figlio era intento a pulire la stalla del cavallo, troppo piccola per contenerne tre. Uno degli animali si agitò e lo colpì con forza, facendolo cadere. Il ragazzo si ruppe la gamba. Gli abitanti del villaggio passarono davanti all’abitazione e dissero al padre: “Tuo figlio è il tuo unico aiutante e famigliare. Che sfortuna hai avuto!”
E l’uomo rispose: “Forse sì, forse no. Vedremo”.

Qualche settimana dopo, alcuni ufficiali dell’esercito arrivarono nel villaggio e iniziarono a reclutare tutti i giovani per portarli a combattere una guerra che sapevano di non poter vincere. Quando passarono dalla casa dell’uomo e videro che suo figlio aveva la gamba rotta, decisero di non portarlo in guerra.
Gli abitanti del villaggio, saputa la notizia, dissero al padre: “I nostri figli vanno a morire in guerra e il tuo invece no. Che fortuna hai avuto!”
E l’uomo, come sempre, rispose: “Forse sì, forse no. Vedremo”.