Il senso del lasciar andare.
Il caso più evidente è quando un collaboratore rassegna le dimissioni. Molto spesso, queste vengono viste come un tradimento, con una punta di risentimento personale tipo “ma io avevo fiducia in te”.
Onestamente, questo approccio non l’abbiamo mai compreso.
Cerchiamo di chiarire il nostro punto di vista. Riteniamo che bisognerebbe avere un senso di appartenenza innanzitutto verso sé stessi e poi verso l’azienda con la quale si collabora. Ed è diritto e dovere fare delle scelte che siano legate esclusivamente alla propria crescita professionale.
È necessario percorrere la propria strada; se questa è all’interno della stessa azienda “evviva”, ma se non lo è, “evviva” lo stesso.
È naturale che si creino dei legami emotivi con persone con le quali si è lavorato; ma le amicizie e i rapporti possono rimanere anche se non si è più colleghi.
E dal punto di vista manageriale, non sarebbe più utile coltivare il talento che ogni persona ha pur sapendo che, magari, si dovrà lasciar andare?
Parliamo di utilità e non di moralità o etica, perché il ragionamento di fondo è molto razionale dal punto di vista aziendale, utilitaristico se vogliamo. Al contrario si presentano due alternative:
- non investire in termini di sviluppo delle persone
- investire senza creare opportunità di crescita interna.
Il risultato di una è la non consapevolezza dell’individuo e un apporto all’azienda di scarso valore aggiunto. La seconda alternativa è avere persone consapevoli che, se rimangono all’interno dell’azienda, saranno probabilmente demotivate.
La terza, infine, è quella di investire nella consapevolezza che si potrà lasciar andare, dichiarandolo, rendendo esplicito il tutto, favorendo anche la ricerca di alternative esterne (oltre che interne, naturalmente).
La possibilità di scelta accresce la consapevolezza dell’individuo. E se la scelta è quella di rimanere, la motivazione, la “produttività”, l’apporto che darà all’azienda sarà il massimo possibile.
Bloccare la crescita con la logica del possesso o di un mal interpretato senso di appartenenza o della mera convenienza di breve periodo del manager non ha mai portato ad una crescita sostenibile, sana e duratura di un’azienda.