Diversità o unicità?

Ci siamo commossi in tanti ascoltando il discorso di Drusilla Foer a Sanremo, lo scorso inverno. Ci siamo commossi perché la sua prospettiva ha aperto in noi spiragli nuovi, da cui è entrata la luce del dubbio.

“Forse dovrei parlare di diversità e integrazione”, inizia lei. E iniziamo anche noi così: potremmo parlare di diversità (dovremmo?) perché è un tema caldo, attuale e vivace su cui le aziende e le imprese iniziano a interrogarsi sul serio. Ci si confronta su come guardare e riconoscere le diversità, accettarle, capirle, includerle, integrarle.

Diversità, cioè?

Diverso deriva da di-vertere, deviare, volgere altrove. E dunque dove siamo volti? Dove sono volti gli altri, quelli che volgono altrove? Dov’è questo altrove, cosa contiene?

Nel senso comune, diverso significa “che non è uguale e neppure simile, cioè che si discosta per natura, aspetto e qualità da un altro oggetto, o addirittura è un’altra cosa”. E allora, ancora, da cosa e in cosa ci discostiamo?

La parola diversità racchiude tesori inesplorati di domande che possiamo porci, con cui possiamo confrontarci e con cui, spesso, dobbiamo fare i conti. Perché se c’è una grande entità informe che guarda tutta nella stessa direzione e noi siamo volti altrove, ci fa paura, ci fa sentire esclusi.

Le unicità come tesoro collettivo.

Ma forse questa entità informe e indistinta non c’è. Ci sono solo una moltitudine di piccoli esseri, tutti diversi, che guardano al loro proprio orizzonte, tutti in un’angolazione personale, individuale, unica. Ognuno diverso dall’altro, ognuno che si discosta per natura, aspetto e qualità.

E forse ancora, che questa entità informe non esista è un bene, perché così possiamo vedere non in un’unica direzione, ma in tutte le direzioni possibili, ognuno la sua, e poi raccontarcele, condividerle, renderle patrimonio comune, farne un tesoro collettivo, delle nostre unicità.

Siamo un mondo variopinto e colorato, ce lo ricordiamo in questo mese in cui celebriamo il pride, l’orgoglio. Ce lo ricordiamo in questo mese di fine scuola, voti e pagelle. Perché dobbiamo imparare l’orgoglio verso chi siamo e della nostra unicità, e da qui sapremo coltivare l’orgoglio per le unicità di tutti.

Dare spazio alle diverse unicità.

E quando siamo orgogliosi possiamo davvero dare e portare valore. Le nostre aziende possono essere il luogo dove tutte le diversità trovano spazio e dove mettere le persone in condizione di potersi esprimere. Magari cominciando a farle lavorare insieme su obiettivi comuni attraverso tavoli di lavoro che prescindano da ruoli, età, competenze, storie e facilitino il confronto tra le diverse unicità.

“Cari genitori, in questi giorni state per ricevere le pagelle dei vostri figli. Ricordate, però, che tra questi alunni c’è un artista che non capisce la matematica, un matematico a cui non interessa la storia, una sportiva che non ama l’inglese. Se le schede non dovessero rispecchiare le vostre aspettative, non fatene un dramma, i vostri figli faranno ugualmente grandi cose nella vita. Ognuno di loro è genio a modo suo, hanno solo bisogno di essere spronati e incoraggiati. Buona estate.”

LETTERA DI UN PROF