Alla ricerca dell’innovazione.
Diventa quindi una scommessa: come facciamo a innovare, come creiamo il nuovo, come arriviamo a qualcosa che non c’è? Di metodi e processi da seguire ne esistono tanti, efficaci, affascinanti, complessi, snelli. Qualcosa però è comune a tutti: bisogna provare, rischiare, sbagliare, testare, chiedere feedback, riprovare, ritestare.
E se è davvero questa la chiave per creare il nuovo e fare in modo che il nuovo sia anche buono, ci servono due ingredienti preziosi: lo spazio e la collettività.
Per creare serve spazio.
Lo spazio, quel luogo indefinito in cui sta il possibile. Serve spazio per creare. Spazio fisico, spazio mentale, spazio relazionale, spazio operativo. Ci serve tempo per vagare nella fantasia, per scandagliare l’impossibile, per tentare, commettere errori e, infine, testare. La costante richiesta di essere produttivi, efficaci, rapidi ci impedisce di immaginare, di sognare.
Quante idee ci vengono mentre passeggiamo o siamo seduti al sole sulla sdraio? E quante altre si palesano negli ambiti e nei contesti a cui possiamo dedicare tempo e calma, su cui possiamo fantasticare in santa pace, senza l’urgenza di fare nulla? Le idee spesso ci arrivano inaspettate: dobbiamo solo preoccuparci di non essere troppo impegnati quando succede!
L’importanza della collettività.
Poi c’è la collettività, quella pluralità di persone, di bisogni, di desideri, di aspettative, punti di vista, opinioni. Quella collettività che ci è necessaria per rischiare, provare, fallire e ricominciare da capo.
Perché anche l’idea più privata nasce dall’osservazione del mondo attorno a noi. Perché è sempre l’altro a mettere in noi il seme del dubbio, ad aprire spiragli e a regalarci intuizioni. È osservando i diversi modi che ciascuno ha di muoversi nel mondo, di cercare risposte, di impostare le attività che si possono disegnare strade nuove e mai esplorate. E poi l’altro ci dà feedback, ci dice cosa ne pensa, ci incoraggia o ci critica.
Uniamo spazio e persone per innovare.
Per fare innovazione, presidiamo questi aspetti. Mettiamo insieme le persone, le più diversificate possibile: porteranno competenze ed esperienze necessarie per fare innovazione. E lasciamo loro spazio e tempo: non per produrre ma pensare, non per fare ma fantasticare, non per raggiungere obiettivi ma sbagliare.
In azienda, riuniamo attorno a un tavolo persone di funzioni e ruoli diversi e facciamole chiacchierare e confrontarsi, ridere, parlare a vanvera, provare, rischiare, fallire, testare, chiedere feedback, ritentare. È così che ci riapproprieremo del futuro.
“Forse si tratta di fabbricare quello che verrà, con materiali fragili e preziosi, senza sapere come si fa.”
LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA